lunedì 3 giugno 2013

L'AQUILA: L'ALLARME SICUREZZA SPIEGATO TROPPE CASE E ARMI MA POCHI AGENTI

I SINDACATI DI POLIZIA: ''LA CITTA' E' CAMBIATA MA LE RISORSE SONO POCHE'' I DATI, GLI EPISODI, LE TESTIMONIANZE, LE RASSICURAZIONI TRA LE POLEMICHE
 
 
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L’AQUILA - Un territorio da controllare cresciuto a dismisura e che a oggi ha lo stesso diametro del Grande raccordo anulare.
Un territorio al centro di grandi investimenti economici legati alla ricostruzione post-sisma, soldi “che girano” e che attirano l’attenzione dei più potenti clan mafiosi, intenzionati a metterci le mani sopra.
Nella L’Aquila di oggi si respira un forte clima di insicurezza. Lo testimoniano le sbarre alle finestre in quegli stessi posti dove un tempo si lasciavano le chiavi alla porta in segno di assoluta tranquillità.
Oggi non basta neanche chiuderle a chiave, quelle porte. Le rassicurazioni date dal questore, Giovanni Pinto, hanno innescato feroci polemiche.
Le sue parole (“la percezione di insicurezza dei cittadini dell’Aquila non è fondata su elementi oggettivi”) sono state pronunciate sei giorni dopo una delle rapine più impressionanti che la città ricorda: quella al supermercato Carrefour, con banditi armati di kalashnikov che hanno assaltato un portavalori portando via circa 70 mila euro.
Solo una settimana dopo le affermazioni del questore è stata la volta della rapina al Globo, dove il direttore di un negozio di casalinghi è stato incappucciato e malmenato.
I DATI

Sui dati non c’è molta chiarezza. Gli unici a cui fare riferimento sono quelli diffusi dal questore e relativi solo alla provincia dell’Aquila.
I furti sono stati 775 nel 2009, 963 nel 2010, 1.255 nel 2011, 1.276 nel 2012. L’aumento c’è, anche se nel 2007, però, erano 1.350.
Quanto ai furti in abitazione si è passati da 105 (2009), a 274 (2010), a 391 (2011), a 348 (2012). Insomma, dall’anno del terremoto questo tipo di reato è triplicato.
Lievitato il reato specifico dei furti di rame: nel primo trimestre 2013 sono stati 21, come tutto il 2012, mentre nel 2011 le denunce furono 9.
TANTE ARMI
La paura non è legata solo al numero di atti criminosi, ma soprattutto alla tipologia.
“Rapine a mano armata, il duplice omicidio a Bazzano, gli spari contro una giornalista aquilana. Sono sintomi da non sottovalutare di un giro di armi che prima non c’era”.
È Fabio Lauri del sindacato di polizia Siulp a sottolineare come i tempi siano cambiati. “Tutti ricordano l’aggressione avvenuta all’esterno di una discoteca aquilana nel 2004, quando un ragazzo prese a martellate tre persone. Allora era il massimo che ci potevamo aspettare”, ricorda.
Solo due settimane fa, un benzinaio a Pizzoli è stato rapinato da due banditi armati, stavolta, (solo) di coltello. Un dipendente è stato chiuso in bagno mentre i ladri portavano via 20 mila euro.
Anche nel compimento del reato di furti in abitazione c’è stata un’evoluzione in negativo.
“I ladri visitavano le case anche prima. Ora però lo fanno quando le persone sono all’interno, magari di notte mentre dormono”, spiega Sabatino Romano del Sindacato autonomo di polizia (Sap).
E c'è anche il caso della banda banda dello spray narcotizzante che soprattutto tra la fine del 2010 e il 2011 ha messo a segno numerosi colpi in città addormentando le persone.
CENTRO STORICO: TERRA DI NESSUNO
Dopo il terremoto c’è stato un vero boom dei furti nelle abitazioni inagibili. Complice il buio e l’abbandono, i ladri si sono aggirati indisturbati nelle abitazioni, portando via di tutto: dagli oggetti più preziosi, come gioielli ed elettrodomestici, a caldaie e termosifoni.
Furti che colpiscono emotivamente chi ha ancora le ferite aperte perché ogni giorno, da quattro anni a questa parte, vede la sua casa in balìa di malviventi e intemperie.
Furti che esasperano gli animi, tanto da portare i cittadini a organizzarsi con forme di difesa ‘fai-da-te’: le ronde, ma anche il ricorso all’ausilio di istituti di vigilanza privati.
“A questi siamo sempre stati contrari - spiega Santino Li Calzi del Coisp - la sicurezza deve essere esclusiva competenza degli enti preposti. Qualsiasi iniziativa provata è pericolosa, anche per i cittadini stessi”.
Nei centri storici ormai deserti il problema non è solo quello dei furti ma anche delle aggressioni: nel cuore della città, per esempio, qualche mese fa un ragazzo è stato aggredito con calci e pugni da tre stranieri, a volto coperto e senza apparente motivo, che sono stati successivamente individuati e denunciati.
“C’è sicurezza lì dove c’è luce e vita - spiega Lauri - non sono d’accordo con la militarizzazione del territorio, ma per un’educazione al senso di sicurezza”.
LA CITTA' CHE CAMBIA FORMA: 500 CHILOMETRI QUADRATI DA CONTROLLARE
Un controllo maggiore non è assolutamente facilitato dal cambiamento morfologico che la città ha subito negli ultimi quattro anni: sono sorte 19 aree del progetto C.a.s.e. più le aree che ospitano i Map.
“Tra L’Aquila e le sue frazioni ci troviamo a pattugliare un territorio di 500 chilometri quadrati, mentre prima del sisma il diametro della zona era di circa 10 chilometri, ora è di 32”, spiega Lauri.
“Ci sono quindi cittadini di serie A, come quelli che vivono nel centro e nell’immediata periferia, e cittadini di serie B, come quelli di Arischia o Assergi, che una volante di polizia la vedono solo in cartolina”, aggiunge Romano.
“Di notte c’è solo una volante, al massimo due. Serve assolutamente un potenziamento degli organici”.
"SERVONO PIU’ AGENTI"

L’unica soluzione per i sindacati è quella di un potenziamento delle forze di polizia.
A tal proposito, torna il caso dei poliziotti aggregati dopo il terremoto del 6 aprile: erano 82, ora sono una quindicina.
“Il terremoto crea le condizioni ideali per la delinquenza comune e quella organizzata. Alla luce dei fatti, chi è al vertice della sicurezza locale e nazionale sceglie di depotenziare l’apparato di sicurezza. In questo momento, invece, servono risorse e mezzi”.
Lo stesso Li Calzi, che dopo l’ennesima rapina aveva chiesto addirittura le dimissioni del questore, sottolinea anche la differenza di performance tra i poliziotti in attività e quelli aggregati: “Questi hanno un’età media di 30 anni, chi lavora per la strada si avvicina ai 50 anni. Le prestazioni sono ovviamente differenti”.

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